Nonostante le «previsioni quasi rasserenanti, che tutti naturalmente vorrebbero vedere confermate», secondo i vescovi italiani «questo è il momento in cui la crisi tocca in modo più diretto, quasi cruento, la realtà ordinaria delle famiglie», per le quali serve «un fisco più equo». Ciò in quanto la crisi in corso «sta producendo i suoi effetti più deleteri sull’anello più debole della nostra popolazione», e da essa «dobbiamo uscire non con una svalutazione del lavoro, identificato come circostanza casuale e fortuita, ma con la riscoperta del legame imprescindibile dell’uomo con il lavoro».
È in questa prospettiva che il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana Angelo Bagnasco, aprendo lunedì scorso i lavori della 59a Assemblea della Cei, ha collocato la Colletta nazionale che si svolgerà domani in tutte le parrocchie d’Italia. Una raccolta che servirà a dare consistenza a quel Fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà con il quale i vescovi italiani intendono dimostrare l’impegno concreto della Chiesa in questa situazione di emergenza economica.
L’IDEA – Annunciato a gennaio e messo a punto sul piano operativo nei mesi successivi, insieme all’Associazione bancaria italiana, il Fondo è stato presentato ufficialmente dallo stesso Bagnasco lo scorso 6 maggio, quale «strumento che «si colloca all’interno della crisi economica che sta attraversando il nostro Paese, come effetto di una più ampia recessione a livello internazionale».
Una congiuntura i cui effetti maggiori ricadono su «quella parte della popolazione che in realtà non ha mai scialacquato e che già prima era in sofferenza per una cronica ristrettezza economica», andando a toccare «singoli, famiglie, comunità». «Quel lavoro che già prima era precario – spiegò Bagnasco – ora lo è di più, e quando si interrompe lascia senza garanzie di affidabile sussistenza. E di fatto non poche famiglie sono già entrate in una fase critica con ripercussioni gravi sul fronte degli affitti, dei mutui, o dei debiti comunque contratti».
Di fronte a questa realtà «come Pastori diamo voce alla gente e alle preoccupazioni generali che non sono poche né piccole, ma sarebbe un guaio ancora peggiore seminare panico e uccidere la speranza». Per questo «negli ultimi mesi abbiamo assistito nel nostro Paese ad un fiorire inarrestabile di iniziative e progetti che all’interno delle singole diocesi hanno cominciato a dare risposte concrete ai bisogni via via emergenti».
"NUOVA SOLIDARIETÀ" – Queste forme innovative di «di prossimità e di solidarietà» si sono aggiunte, di fatto, «a una serie di servizi ormai stabili, come i centri di ascolto, i fondi antiusura, le iniziative per le emergenze familiari», come il microcredito. Con il Fondo, oggi, si vuole avviare «una iniziativa di respiro nazionale – la prima in assoluto nel suo genere – che intende dare una risposta concreta a quelle famiglie monoreddito che abbiano perso l’unico reddito, con tre figli a carico oppure segnate da situazioni di grave malattia o disabilità».
Scelta questa certamente non casuale, che per il cardinale presidente della Cei «corrisponde a una convinzione profonda che vede nella famiglia non soltanto l’ammortizzatore sociale più efficiente, ma anche la trama relazionale più necessaria per un armonico sviluppo delle persone e della società».
LA COLLETTA - È per poter essere davvero «un segno e insieme uno strumento di speranza – come spiegato da Bagnasco – per attraversare la crisi, e non soccombere a essa», che la proposta dei vescovi italiani ha scelto di passare attraverso la Colletta di domani. In questo modo il FONDO si presenta come frutto di un gesto di solidarietà condiviso da tutta la comunità cristiana, che per quanto può, attraverso quello strumento, si fa carico di chi si trova nelle maggiori difficoltà.
Come ha detto Benedetto XVI, «un’eloquente testimonianza della condivisione dei pesi gli uni degli altri». Insieme a questo, per il segretario generale della Cei monsignor Mariano Crociata la Colletta è da inquadrare anche nella direzione di «incoraggiare a chi ha compiti in questo campo a fare sempre di più e meglio, in un momento difficile per tutti».
COME FUNZIONA – Il meccanismo studiato prevede un contributo massimo di 500 euro mensili per un anno, per un totale di 6 mila euro. Il contributo potrà tuttavia essere rinnovato, per lo stesso importo, per ulteriori dodici mesi, a seconda delle situazioni. A individuare e selezionare le famiglie che potranno avere accesso al Fondo, in base ai criteri sopra indicati, saranno le parrocchie insieme alle Caritas. Dopo questa prima selezione, le famiglie saranno indirizzate alla Banca, che «in tempi brevi» concederà il prestito mensile. La restituzione avverrà quando ce ne saranno le condizioni e comunque non prima di uno o due anni, ed avrà la durata massima di 5 anni».
Per tutto questo è previsto un investimento di 30 milioni di euro; in questa cifra non sono però conteggiate le libere offerte o le «possibili elargizioni e contributi da parte di fondazioni, aziende ed altri soggetti». «Non è escluso peraltro – ha sottolineato sempre il cardinale – che diocesi e istituti religiosi possano riversare proprie risorse nel Fondo», la cui "massa residua", al momento della chiusura, sarà assegnata alla Caritas nazionale.
IL DETTAGLIO TECNICO – Da un punto di vista tecnico-bancario, l’operazione messa a punto è analoga a un prestito al consumo ma “fuori mercato”, ossia caratterizzata da procedure estremamente semplici e rapide, con tassi massimi di interesse «molto convenienti», pari alla metà del tasso di riferimento fissato dalla Banca d’Italia per i finanziamenti finalizzati a prestiti personali.
Corrado Faissola, presidente dell’Abi, ha spiegato che il programma di microcredito prevede finanziamenti ad un tasso effettivo globale (Taeg) pari al 4.50%, cioè non superiore al 50% del tasso effettivo globale medio (Tegm) sui prestiti personali, pubblicato dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Le banche che aderiranno all’iniziativa – il cui elenco non è ancora disponibile, anche se è probabile che l’adesione sarà totale o quali – saranno libere di farsi concorrenza anche in questo settore (per cui è possibile che in ultimo i tassi possano risultare ulteriormente ridotti), e ciò spiega perché si parla di «garanzia minima che Cei e banche mettono a disposizione di tutto il territorio nazionale». «Se ci sarà una concorrenza in positivo sui tassi di interesse – ha commentato Faissola – ben venga».
OPERATIVITÀ – Il Fondo, sarà operativo a partire dal 1° settembre prossimo. A fare da tesoreria per il deposito sarà la “Banca prossima”, che tuttavia non avrà compiti di gestione, ma svolgerà unicamente un compito tecnico di servizio alle altre banche.
Salvatore Mazza. http://www.avvenire.it/